John Nash è un matematico ed economista statunitense, ha rivoluzionato l'economia con i suoi studi di matematica applicata alla "Teoria dei giochi", vincendo il premio Nobel per l'economia nel 1994.
Ha sempre avuto un'abilità fuori dal comune nell'affrontare i problemi da un'ottica nuova e impensabile per gli altri.
Nash ha vissuto per circa trenta anni tra i successi scientifici ed accademici e la malattia mentale, dovette convivere con la schizofrenia che spesso e per lunghi periodi nell'arco di trent'anni ne offuscò l'intelligenza e la creatività isolandolo emotivamente dal mondo esterno.
Vincent Van Gogh è stato un eccezionale pittore, autore di ben 864 tele e più di mille disegni, tanto geniale quanto incompreso in vita.
Trascorse molti anni soffrendo di frequenti disturbi mentali; mentre era in preda alle allucinazioni, dovute all'aggravarsi della sua malattia, si tagliò parte dell'orecchio sinistro, lo incartò e lo consegnòa una prostituta di un bordello che all'epoca frequentava assieme a Gauguin, e poi tornò a casa, e la mattina dopo fu fatto ricoverare dalla polizia in ospedale.
Morì all'età di 37 anni per una ferita da arma da fuoco, molto probabilmente auto-inflitta. In quel momento i suoi lavori erano conosciuti da ben poche persone e apprezzati da ancora meno.
Questi sono solo due dei tanti esempi che potrei portare, esempi che ho scelto per spiegare che ci sono persone che posseggono quel quid in più rispetto ad altri, ma pagano lo scotto di dover fare i conti, per tutta la vita, con la malattia mentale che piano piano li logora e li consuma.
Ci sono persone che hanno la fortuna di Nash, e che nonostante combattano costantemente con questa brutta bestia, riescono ad affermarsi, e traggono, in vita, soddisfazione dal proprio genio.
Ci sono persone come Van Gogh che vivono una vita di dolore, alla continua ricerca del'affermazione, vivono il proprio disagio fino ad arrivare a compiere gesti violenti contro sé stessi, causandosi persino la morte.
Emma era una donna "diversa", una donna che ha vissuto la sua vita sempre a fianco dei propri genitori, vittima di una malattia mentale che l'ha accompagnata in tutto il percorso che ha compiuto fin qui.
Emma è stata una donna sola, dopo che anche la mamma è venuta a mancare, ha vissuto gli ultimi anni in completa e totale solitudine, esiliata in quelle quattro mura che sono diventate prima la sua prigione, poi la sua tomba. Schivata da tutti perché durante i suoi attacchi non era gestibile, e molti ne avevano paura.
La sorella si è fatta una vita a Milano, con un buon lavoro, un marito che la ama, dei figli che le vogliono bene.
Ad Emma tutto questo è stato precluso.
Emma era in cura dagli pscichiatri, che però erano troppo occupati a fare altro, e non hanno mai ritenuto che ella fosse in realtà incapace di intendere e volere, intendere il suo stato, e volere essere aiutata: gli assistenti sociali che venivano a farle visita, si limitavano a bussare alla porta, e se lei decideva che non doveva aprirgli, giravano i tacchi e se ne tornavano alla Asl.
Le portavano il cibo a casa, ma spesso lo rifiutava, perché lei, diceva, sapeva badare a sé stessa, salvo poi chiedere cibo ai passanti o ai vicini perché aveva fame.
Chiamava ininterrottamente l'alimentari di fronte a casa, una storica bottega del quartiere dove lei viveva da 61 anni, per avere qualcuno con cui parlare, per chiedere, fra le righe, un flebile aiuto, un grido silente che a volte faceva breccia, ma spesso rimaneva inascoltato.
Ultimamente i compagni di chiacchierata erano diventati gli operatori del 118, ogni pomeriggio arrivava un'ambulanza, allertata da lei stessa: "Sto male, aiutatemi.." ma poi quando venivano in suo soccorso, la sua malattia mentale le faceva rifiutare qualsiasi tipo di aiuto, firmava il rifiuto al soccorso, e rimaneva ingabbiata nella sua solitudine.
Mercoledì nessuno ha più visto e sentito Emma. Suonavano alla sua porta, la chiamavano al telefono, ma tutto taceva all'interno. Un silenzio lugubre, un silenzio innaturale.
Arrivano i pompieri, a sirene spiegate, appoggiano le scale alla facciata di casa, ed entrano dalla finestra aperta per difendersi dalla calura di questi giorni, ed Emma è lì, riversa sul pavimento della cucina, la vita l'aveva abbandonata in una calda notte di mezza estate.
Arriva l'ambulanza, la stessa che molte volte era arrivata senza potere (o volerle) prestarle soccorso, gli operatori entrano, ma escono dopo pochi istanti e attendono l'arrivo del medico che, una volta sul posto, non può far altro che constatarne il decesso.
Inizia il teatrino della tristezza, arrivano i carabinieri, fanno i rilievi del caso mentre aspettano il magistrato di turno che rilasci il nulla osta per far intervenire le pompe funebri.
Come nelle peggiori storie di cronaca, esce una bara di freddo acciaio, dentro c'è Emma, dentro c'è la solitudine, l'amarezza, l'insofferenza di una vita vissuta schiava di una malattia che lentamente l'ha consumata come una candela.
Un'altra vittima della solitudine, dell'indifferenza, se n'è andata, una come tante altre, come tutte quelle che se ne vanno ogni giorno, che cedono ad una vita di dolore, di stenti, ma che nessuno conosce, nessuno porta alla ribalta, perché se non hai doti eccezionali, se non sei un genio, un pittore, un musicista, se non hai doti che ti facciano emergere dalla massa, tu non esisti, e con te la tua malattia.
Sei solo, solo come un numero primo che può contare solo su sé stesso.
I lettori
Io sono
- Debora
- Artista, fino in fondo al midollo dell'osso.. Sognavo una mansarda a Montmartre, il basco in testa, da vera Bohèmienne.. Una finestra che illuminava la mia tela dove i miei pensieri si posavano in amipie pennellate di colore.. Invece ho il desiderio prorompente di stabilirmi in UK, e chissà, magari un giorno nemmeno troppo lontano diventerò "devota" suddita di Sua Maestà la Regina d'Inghilterra!!
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6 commenti:
Una storia e una vita molto triste...
Molto triste, davvero, casi simili si sentono un pò di più in questi ultimi periodi, la gente si chiude a riccio, ma purtroppo la malattia mentale fa ancora paura, non è stata mai fatta una campagna per sostenere che queste persone sono solo fragili ed hanno bisogno più di altre di vicinanza..Cara, ti abbraccio.
Davvero una storia molto triste... e poi pensare a tutte le vite che si spengono nell'indifferenza totale :(
Emma. Si può dire con certezza che il nome è di origine germanica, ma quale sia l'esatta etimologia della parola è difficile a dirsi con sicurezza. Una delle ipotesi mette in relazione il nome con imr, termine germanico che significa'lupo'animale sacro a Odino. La poesia, la musica e le arti toccano le corde più profonde della sua anima. Emma vive di impressioni, di emozioni, di sensibilità. La sua raffinatezza e generosità la rendono ostile alle astrazioni e la allontanano irreparabilmente dal senso pratico.
Le hai regalato quel quid in più rispetto ad altri, Grazie!_marì
Quelli che prenderei a calci nel sedere sono gli assistenti sociali. E' il loro lavoro... non è consentito girare i tacchi e tornarsene alle scrivanie. Non è proprio accettabile.
Si è triste molto...Quanti numeri primi lasciati allo sbando. Si è sempre soli con se stessi, ma per alcuni è ancor più radicata questa cosa.
Lessi tempo fa ''La solitudine dei numeri primi'
Libro terribile, che ti scava dentro e ti distrugge fino alla fine e ben oltre.
Emma però grazie a te e già meno sola.
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